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Viaggio in Libia effettuato nel Maggio del 2005. Principali località visitate : Cirene ( Tempio di Apollo, Gymnasium, Odeon, Portico delle Erme, la casa di Claudio Tiberio Giasone Magno, l'Agorà, Santuario di Demetra e Kore, Terme di Artemide Diana, Fontana di Apollo, Nymphaeum, Tempio di Artemide, Teatro , Terme Romane, Tempio di Zeus ), Apollonia ( Chiesa Occidentale, Chiesa Centrale, Chiesa Orientale, Teatro Greco ), Qasr Libia ( Chiesa Bizantina, Mosaici Bizantini ), Tolmeita ( Odeon Greco, l'Agorà, Villa delle Colonne, Villa delle Quattro Stagioni ), Leptis Magna ( il Museo, Arco di Settimio Severo, Arco di Traiano, Arco di Antonino Pio, Terme di Adriano, Nymphaeun, Via Colonnata, Foro dei Severi, Basilica dei Severi, Tempio di Serapide, il Mercato, il Teatro, Anfiteatro e Stadio ), Sebha, Germa, Ubari, Al Aweinat, Jebel Acacus, Wadi Tashwinat ( Arco di Fanaluppe, Arco di Tankhaliga, Pitture Rupestri ), Dune di Iguidi Ouan Kasa, Adad, Awiss, Al Aweinat, Garama, Erg Ubari ( Laghi di Gebraoun, Mavo, Umm al-Maa, Mandara ), Sabratha ( Mausoleo di Bes, Quartieri Residenziali, Tempio di Antonino, Basilica di Apuleio di Madaura, Foro Romano, Tempio di Serapide, Tempio di Giove, Senato, Tempio di Liber Pater, Terme sul Mare, il Teatro ), Tripoli ( Museo della Jamahiriya, Piazza Verde, la Medina, Moschea di Gurgi, Arco di Marco Aurelio, Galleria de Bono, lo Sharia al-Corniche )
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Accanto al nuovo foro, sul lato nord-orientale, si trova la Basilica dei Severi. L'edificio, la cui struttura architettonica richiama alla mente quella di una basilica cristiana, era in realtà un palazzo di giustizia. Iniziata durante il regno di Settimio Severo verrà ultimata solo nel 216 d.C. sotto quello del figlio Caracalla, lunga 92 metri per 42 di larghezza si compone di una navata centrale con due absidi semicircolari collocate alle due estremità, e di due navate laterali separate da file di colonne di granito rosso. Le due absidi sono abbellite da spettacolari colonne scolpite interamente in rilevo, con scene che raffigurano racconti mitologici e di storia romana. Solo nel VI sec. d.C., per volere dell'imperatore bizantino Giustiniano, la Basilica venne trasformata in una chiesa cristiana, riutilizzando allo scopo l'abside sud-orientale.
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Terminata la visita usciamo dalla Basilica e ci immettiamo in una via trasversale che incrocia la via Trionfale, la seguiamo in direzione sud-ovest avviandoci cosi verso la zona del mercato. Passiamo accanto al Tempio di Serapide, di cui rimangono poche traccie nelle colonne di marmo cipollino e nella breve scala che conduce all'interno dell'area sacra, e superiamo la Porta Bizantina, nei cui pressi si trovano simboli fallici scolpiti in rilevo che indicavano la direzione da seguire per raggiungere un lupanare. Alle nostre spalle si intravedono il mare e la spiaggia di sabbia bianca, mentre spostando lo sguardo sulla destra, appena al di sopra di una collina verdeggiante, si possono vedere i resti del primo insediamento di Leptis, risalente al periodo dell'imperatore Augusto, edificati sul sito di un più antico insediamento punico. Il vecchio nucleo centrale di Leptis Magna, abbandonato dopo la costruzione del nuovo foro, che favorì lo spostamento del baricentro della città verso l'interno, si componeva di un foro circondato su tre lati da un portico e da numerosi edifici civili e religiosi. Nelle immediate vicinanze infatti sono stati rinvenuti i resti di tre antichi Templi e di una basilica successivamente riutilizzata dai bizantini come chiesa cristiana. I tre templi erano dedicati a Liber Pater (II sec. d.C. ), ad Augusto e alla città di Roma ( in pietra calcarea, 14-19 d.C.), ed a Ercole. Gli edifici di questo primo nucleo abitativo non sono però in ottimo stato di conservazione e nella nostra visita sono stati appena sfiorati.
Arriviamo infine al Mercato, uno dei luoghi più suggestivi ed affascinanti di tutto il sito di Leptis Magna. Costruito verso il 10 a.C. e successivamente ristrutturato sotto il regno di Settimio Severo, è ammantato da un'atmosfera magica, camminando tra i suoi resti sembra quasi di poter riascoltare le voci e i suoni che lo animavano un tempo. I due padiglioni ottagonali di circa 20 mt. di diametro, abilmente ricostruiti dagli archeologici, si stagliano con i riflessi della pietra calcarea su un orizzonte blu cobalto, creando un effetto d'insieme veramente suggestivo. Dal materiale rinvenuto all'interno, come ad esempio unità di misura in pietra, risulta che quello più settentrionale doveva essere adibito al commercio dei tessuti, mentre l'altro era probabilmente utilizzato come mercato ortofrutticolo. Tutt'intorno si trovano i resti di altri banchi, con le piccole basi in marmo destinate a sostenere il piano di lavoro. Dai delicati ornamenti che rappresentano dei delfini si può intuire come alcuni fossero utilizzati per il commercio del pesce.
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Nell'isolato ad ovest del mercato si trova il bellissimo Teatro di Leptis Magna. Risalente agli inizi dell'era moderna (1-2 d.C.) ed edificato sul luogo dove sorgeva una necropoli punica ( V-VII sec. a.C. ), è uno dei più antichi dell'epoca romana che sia giunto fino ai nostri giorni. Il restauro rispecchia fedelmente la struttura originale, che si componeva di un palcoscenico con tre nicchie circolari a cui successivamente, sotto il regno di Antonino Pio, venne aggiunto un triplice ordine di colonne che lo circondava completamente. Il decoro architettonico dell'edifico era completato da una serie di sculture e statue, che certamente dovevano creare un effetto stupefacente per gli spettatori seduti di fronte. Immediatamente sotto il proscenio si trova l'ampio spazio riservato all'orchestra, subito dietro una prima fila di sedili accoglieva i notabili della città. Una balaustra in pietra, aggiunta sul finire del I sec. d.C., provvedeva a separare i posti d'onore dai restanti scranni della cavea, che in file ordinate risalgono il leggero pendio. Dalla cima del teatro si gode una magnifica vista d'insieme sulla costruzione stessa, mentre lo sguardo è libero di spaziare verso l'orizzonte, dove il profilo del mare, che sfuma dal verde al blu intenso, si confonde in lontananza con quello del cielo. Accanto al teatro si trova il Chalcidium, una struttura monumentale del periodo di Augusto con un portico sopraelevato affacciato sulla via Trionfale, al suo interno si trova un tempio dedicato alla dea Venere e all'imperatore stesso.
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Per terminare la visita della stupenda Leptis Magna non ci rimane che vedere l'Anfiteatro e lo Stadio. I due edifici sono raggiungibili a piedi, lungo un sentiero di circa 1 Km che parte dal porto, oppure in auto, come facciamo noi, a circa a 2 Km ad est del parcheggio principale del sito archeologico. L'Anfiteatro, risalente al I sec. d.C., si affaccia direttamente sul mare. Scavato interamente sul fianco di una montagna poteva ospitare parecchie migliaia di spettatori, che qui si davano convegno per assistere a spettacoli cruenti tra animali feroci e uomini. Inizialmente criminali comuni e successivamente martiri cristiani, erano comunque uomini condannati a morte certa, un lugubre spettacolo che era il preludio ai combattimenti tra gladiatori. Uno stretto passaggio consentiva l'accesso dall'Anfiteatro direttamente nello Stadio dove si svolgevano le gare dei cocchi trainati dai cavalli, uno tra gli spettacoli preferiti dai romani. Purtroppo non rimangono che poche tracce nelle fondamenta, ma da qui si può comunque gettare uno sguardo verso quelli che sono i resti del porto della città, che in seguito a errori di valutazione finì per insabbiarsi ben presto, tanto da divenire col tempo quasi inutilizzabile.
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Sono quasi le due del pomeriggio quando lasciamo Leptis Magna, uno dei siti archeologici più belli ed affascinanti che mi sia mai capitato di vedere, una perla che da sola vale tutto il viaggio. Durante il tragitto per rientrare a Tripoli ci fermiamo a mangiare in un simpatico locale, prima di dirigerci, vista ormai l'ora, direttamente in aeroporto. Qui ci attende il volo delle 20.00 per Sebha, la città alle porte del deserto utilizzata come base di partenza per le escursioni nel mare sabbioso. Arriviamo in abbondante anticipo e una volta sbrigate le formalità non ci resta che metterci in paziente attesa, un'attesa che con il passare del tempo si fa via via sempre più snervante, mentre le lancette dell'orologio scorrono inesorabilmente insieme alle mille voci che si accavallano frenetiche: si parte, non si parte... Anche alla nostra giovane e brava guida Ahmed non resta che allargare le braccia e alzare gli occhi al cielo in cerca di qualche sostegno divino o perlomeno, senza voler disturbare troppo, del supporto di una qualche dea bendata, di quelle invocate in tutte le epoche e a tutte le latitudini nel momento del bisogno. Nel piccolo aeroporto di Tripoli non ci sono molte distrazioni con cui passare il tempo e cosi esaurito il giro dei piccoli bazar e sbrigata l'incombenza delle cartoline ci si ritrova a bivaccare sulle panchine in trepidante attesa di notizie. E visto che ormai è anche arrivata l'ora di cena e che non è saggio allontanarsi troppo dall'aeroporto, arrivasse l'ordine di imbarco, il nostro Ahmed ci porta tutti al self-service del piano superiore. Non avrei neanche detto ce ne fosse uno, ma ad onor del vero devo sottolieare che non vi si mangia affatto male. Con il caffè arriva la notizia che ci rinfranca tutti, finalmente si parte !!! E' andata bene, solo 4 h di ritardo e lunga scarrozzata in pulmann scongiurata, ma d'altra parte tutto concorre a rendere un viaggio avventuroso ed è perfettamente inutile prendersela troppo. Arriviamo all'aeroporto di Sebha che sono quasi le 2 di notte. Recuperiamo i bagagli e ci imbarchiamo, divisi in gruppi da 4, sui fuoristrada Toyota che ci attendono fuori, la direzione stavolta è davvero semplice: albergo, doccia, letto, nanna. E qui un cenno a parte merita l'albergo, normalmente utilizzato a detta di Ahmed da funzionari del governo, il meno comodo in assoluto di tutto il viaggio. Riporto questa nota non a titolo di lamentela, sono una persona che si adatta veramente a tutto (beato militare), ma perché siate pronti e coscienti, venendo in Libia in questi primi anni di apertura al turismo, a saper adattare le vostre esigenze ai piccoli inconvenienti che potreste incontrare, anche perché, il viaggio, ne vale veramente la pena.
21 Maggio 2005 Sebha - Germa - Ubari - Al Aweinat - Campo FAO35
Quella che affrontiamo oggi è una tappa di avvicinamento al deserto, lo stupendo Jebel Acacus. Si rivelerà l'occasione per familiarizzare gradatamente con il cambio di panorama e di clima che ci attende passando dalla costa verso l'interno del paese e per conoscere meglio il simpatico Alì ( pensavate potesse chiamarsi diversamente ? ), il provetto autista della nostra Toyota 4x4, mezzo che ha ormai soppiantato a tutti gli effetti l'uso del dromedario, a cui per i prossimi 5 giorni affideremo il nostro fondo schiena, che grazie soprattutto alla sua bravura arriverà al termine senza troppi scossoni. Lasciamo Sebha con la nostra piccola carovana, a cui si aggiunge una jeep di supporto, immettendoci sulla statale nazionale che da Tripoli, attraverso il Fezzan in direzione sud-ovest, raggiunge la cittadina di Ghat al confine con l'Algeria. Dopo pochi chilometri entriamo nel Wadi al-Hayat, la Valle del valore della vita, una zona resa fertile dalla presenza di una falda freatica sotterranea e dove alle palme e ai bassi arbusti si alternano appezzamenti coltivati. Attraversiamo cosi piccoli villaggi sistemati a cavallo della strada, l'architettura è simile a quella di altri paesi arabi del Nord-Africa, piccole case dal tetto piatto in seconda fila dietro ad un susseguirsi di esercizi commerciali, officine, bar, macellerie e generi vari che si affacciano direttamente lungo la carreggiata. Ad Ubari, una delle cittadine più grandi della zona, ci fermiamo per una sosta. Durante i trasferimenti in jeep le soste si susseguiranno frequenti, ogni mezz'ora circa, che si sia su strada asfaltata o in pieno deserto, per dar modo cosi agli autisti di riposare e a noi passeggeri di sgranchire un po' le gambe. Ubari è una vivace cittadina, ultimo avamposto di un certo rilievo, prima del deserto, dove fare acquisti ed approvvigionamenti. Ma tra tutto, quello che salta subito agli occhi è la quasi totale mancanza di donne in giro, come del resto abbiamo già notato lungo tutto il tragitto. Senza dubbio qui vigono consuetudini e costumi più tradizionali e a differenza delle grandi e piccole città del nord della Libia alla donna sembra essere riservato un ambito quasi esclusivamente domestico. Cosi in giro per negozi ci sono solo uomini, come sono solo ragazzi gli utilizzatori di un Internet Point da dove invio un ultimo saluto al mondo prima di lasciare la cosiddetta civiltà. Appena dopo Ubari il panorama inizia a farsi più arido, sulla destra ci accompagnano le dune del grande deserto sabbioso che prende il nome dalla zona, mentre a sinistra ci fanno da cornice i contrafforti del deserto roccioso del Msak Settafet, al centro la strada è un lungo nastro d'asfalto che si dipana dritto per chilometri, quasi fosse stato messo li apposta a separare i due antichi contendenti. L'effetto d'insieme risulta veramente notevole. E' ormai ora di pranzo ed approfittiamo di uno sparuto gruppo di arbusti, che offre un po' di riparo all'ombra, per montare il nostro bivacco. Ogni jeep è dotata di un piccolo tavolino da campeggio con quattro sgabelli a corredo, e cosi in breve, unendoli, formiamo una lunga tavolata. Nel frattempo i nostri autisti si accomodano in disparte seduti direttamente in terra, mentre alcuni di loro, dopo aver acceso un fuoco, si preparano a cucinare qualcosa di locale; a noi tocca invece il nostro bravo vassoio da turista confezionato e sigillato. Ho capito, preferiscono restare in disparte e non far vedere quello che mangiano per non farci venire l'acquolina in bocca... A questo punto del viaggio qualcuno si starà chiedendo: com'è andata in Libia con la maledizione di Tutankamon o vendetta di Montezuma che dir si voglia ? Posso rispondere che a me è andata benissimo e che per quanto ho potuto osservare l'igiene del cibo mi è sembrata sufficiente, ma devo anche aggiungere che ho seguito scrupolosamente le prescrizioni del caso, che come prima regola prevedono l'uso di acqua esclusivamente imbottigliata senza aggiunta di ghiaccio di alcun tipo, personalmente poi mi astengo dal consumo di verdure crude, dolci e yogurt non confezionati, e a tutto associo l'assunzione regolare, a partire da una settimana prima e per tutta la durata del viaggio, di fermenti lattici. Chiedete in farmacia perché ora se ne trovano del tipo masticabile, cosi da evitare problemi di conservazione al freddo e di assunzione in mancanza di liquidi. Devo anche aggiungere però che non tutti si sono salvati e che alcuni compagni di viaggio, da qui in avanti, hanno accusato malori e febbri riconducibili a problemi intestinali, ma è pur vero che ogni fisico reagisce a suo modo e a volte non ci sono accorgimenti che tengano, considerando la presenza naturale di batteri a cui il nostro organismo non è abituato. Dopo il pranzo riprendiamo il cammino e nel tardo pomeriggio arriviamo ad Al-Aweinat, una piccola cittadina utilizzata come base di partenza, ultimo punto di contatto con il mondo prima di addentrarsi verso l'ignoto. Lungo la statale ci fermiamo brevemente nel piccolo Aflaw Camp, un resort che offre ospitalità in piccoli cottage di fango con i tetti di paglia e in cui si trova un'agenzia dell'Aflaw Tours, la cui sede principale è a Tripoli, che organizza escursioni nel deserto in fuoristrada o a dorso di dromedario. Lungo il ciglio della strada, appena fuori dal Camp, stazionano piccoli commercianti che offrono oggetti di artigianato Tuareg o dei paesi africani limitrofi. Collane, orecchini, bracciali, pendagli, monili, piccoli coltelli, strumenti musicali, ecc... Come sempre in questi casi valgono due regole: non stancarsi di contrattare sul prezzo ( è un gioco che piace anche a loro ma evitate di arrivare ad offrire miserie che possano offendere ) e comprare ciò che piace senza stare troppo a chiedersi quanto argento od oro contenga la lega di cui sono fatti, in fondo sono oggetti che valgono più per il ricordo intrinseco che portano con se che per altro. E forse potrebbe capitare anche a voi di vedervi proporre un baratto, io in cambio di un orologio digitale in plastica, trovato nel 2004 in un ostello della Norvegia, del valore presunto di poche decine di euro, ho avuto in cambio una croce Tuareg chiamata Croix d'Agadez. E' uno degli oggetti tipici dell'artigiano, una croce stilizzata che si trova in varie forme e che non ha nulla a che vedere con significati cristiani, rappresentando solo un potente talismano contro la sfortuna ed il malocchio, per chi ci crede. D'altra parte nel deserto si può benissimo fare a meno dell'orologio, ma se necessario non di un po' di fortuna e poi mi piaceva l'idea che quell'oggetto trovato quasi a Capo Nord potesse andare a finire in chissà quale piccolo villaggio africano. Terminati gli ultimi acquisti, ma non mancheranno altre occasioni durante il viaggio, riprendiamo il cammino, lasciando poco dopo la strada asfaltata per imboccare una carrozzabile sterrata in direzione est verso il deserto. Pochi chilometri e magicamente il panorama si apre verso un orizzonte appena sfocato. Quella che prima sembrava una pista sicura si trasforma ora in una raggiera di tracce confuse, un insieme di segni antichi e recenti che virano in tutte le direzioni, quasi che un'arcaica divinità messa a guardia dell'ingresso voglia saggiare la nostra volontà di entrare in quel mondo sconosciuto. La carovana, che fino a poco prima aveva viaggiato in ordine come seguendo un invisibile filo di lana, si apre ora come il bocciolo di un fiore che dischiude i suoi petali ai primi raggi del mattino. Ognuno sembra seguire un suo immaginario riferimento, in un rincorrersi di linee attraverso uno spazio sconfinato dove l'unica cosa che si muove sono le volute di polvere alzate dalle ruote che mordono la terra arsa. Ci s'incontra per un attimo per lasciarsi un secondo dopo, fissi verso una meta comune ma soli lungo il cammino, con lo sguardo perso fuori dal finestrino verso un orizzonte che non si avvicina mai.
Arriviamo al campo FAO35 verso le 19.30, dopo aver superato il problema dell'insabbiamento di una Toyota 4x4, rimasta intrappolata nel tentativo di superare di slancio una piccola duna. C'è ancora luce e l'aria è fresca e piacevole, ma in un attimo, mentre ci sistemiamo nelle tende e prendiamo confidenza con il campo, quasi senza accorgersene inizia a scendere la notte, con il buio profondo subito squarciato da una luna splendente prossima ormai alla sua massima ampiezza. Il campo FAO35 è uno dei tanti che vengono montati nel deserto nel periodo in cui si effettuano le escursioni, noi siamo l'ultimo gruppo della stagione ed alla nostra partenza verrà interamente smontato in attesa che passi il gran caldo che si avvicina. Siamo fortunati, il periodo climatico è godibilissimo e nei giorni a venire avremo modo di apprezzare giornate asciutte, in cui non ci si accorge quasi dei 40° all'ombra, e di notti fresche, dove basta un coperta leggera senza dover tirare fuori il sacco a pelo portato inutilmente a prendere aria. Conviene comunque seguire l'esempio di chi nel deserto ci vive ed indossare un abbigliamento adeguato, copricapo ( soprattutto per chi come me è sprovvisto di protezione naturale... ), pantaloni lunghi di cotone leggero e magliette estive sempre a maniche lunghe ( con le insolazioni non si scherza ). Il Campo è molto carino ed ordinato, sembra quasi d'essere in un accampamento romano di qualche millennio fa. Completamente circondato da una palizzata di canne è diviso in piccoli quartieri che ospitano due o tre tende, con una zona comune per il bagno, dotata di lavandini all'aperto e cabine docce, in cui un solerte ragazzo vi predisporrà una sacca d'acqua tipo quelle che si usano anche da noi nei campeggi, e di una zona pranzo con la cucina e una grande tenda dove si mangia tutti insieme. Ma Sssss..., ora s'è fatto tardi, le palpebre iniziano a farsi sempre più pesanti ed i pensieri sempre più lievi, 450 Km di strada nazionale, due orette di sterrato e i saliscendi su e giù dalle dune hanno fiaccato le nostre resistenze oltre ogni limite. E allora basta allungare un po' la mano e tirare la cordicella che pende giù dalla Luna. Click e sogni d'oro.
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Il contenuto dei diari è frutto delle mie esperienze di viaggio e tutte le opinioni sono espresse a titolo puramente personale, non intendendo con ciò ledere i diritti o urtare la suscettibilità di nessuno. E' possibile riprodurne il contenuto su siti web amatoriali purchè ne venga citata la fonte ed informato l'autore. Qualsiasi altro tipo di utilizzo è soggetto ad un'espressa autorizzazione. Le informazioni storiografiche e documentali sono tratte dalla guida di viaggio Viaggio Libia della Lonely Planet edita da EDT nell'Aprile 2002. Questo Sito non ha nessuna finalità di lucro, non ha sponsor ne intende promuovere nulla o nessuno se non nell'affermazione di proprie opinioni personali. Le foto pubblicate nel presente diario sono state da me effettuate, o sono state concesse in uso da amici che hanno partecipato con me al viaggio. Sono freeware per un uso personale. Le immagini e le Clip Art utilizzate sono state dichiarate freeware per un utilizzo privato dai detentori del legittimo copyright.