viaggioinlibia
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Viaggio in Libia effettuato nel Maggio del 2005. Principali località visitate : Cirene ( Tempio di Apollo, Gymnasium, Odeon, Portico delle Erme, la casa di Claudio Tiberio Giasone Magno, l'Agorà, Santuario di Demetra e Kore, Terme di Artemide Diana, Fontana di Apollo, Nymphaeum, Tempio di Artemide, Teatro , Terme Romane, Tempio di Zeus ), Apollonia ( Chiesa Occidentale, Chiesa Centrale, Chiesa Orientale, Teatro Greco ), Qasr Libia ( Chiesa Bizantina, Mosaici Bizantini ), Tolmeita ( Odeon Greco, l'Agorà, Villa delle Colonne, Villa delle Quattro Stagioni ), Leptis Magna ( il Museo, Arco di Settimio Severo, Arco di Traiano, Arco di Antonino Pio, Terme di Adriano, Nymphaeun, Via Colonnata, Foro dei Severi, Basilica dei Severi, Tempio di Serapide, il Mercato, il Teatro, Anfiteatro e Stadio ), Sebha, Germa, Ubari, Al Aweinat, Jebel Acacus, Wadi Tashwinat ( Arco di Fanaluppe, Arco di Tankhaliga, Pitture Rupestri ), Dune di Iguidi Ouan Kasa, Adad, Awiss, Al Aweinat, Garama, Erg Ubari ( Laghi di Gebraoun, Mavo, Umm al-Maa, Mandara ), Sabratha ( Mausoleo di Bes, Quartieri Residenziali, Tempio di Antonino, Basilica di Apuleio di Madaura, Foro Romano, Tempio di Serapide, Tempio di Giove, Senato, Tempio di Liber Pater, Terme sul Mare, il Teatro ), Tripoli ( Museo della Jamahiriya, Piazza Verde, la Medina, Moschea di Gurgi, Arco di Marco Aurelio, Galleria de Bono, lo Sharia al-Corniche )
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25 Maggio 2005 Twiwa Camp - Erg Ubari - Laghi Gebraoun , Mavo , Umm al-Maa , Mandara - Sebha - Tripoli
Lasciato il deserto roccioso del Jebel Acacus, oggi ci attendono le grandi dune di sabbia dell'Erg Ubari, che al suo interno custodisce gelosamente stupende oasi. Lasciato il campo ci fermiamo poco prima di entrare nel deserto vero e proprio per diminuire la pressione dei pneumatici delle jeep e facilitare cosi la guida sulla sabbia. Fino a pochi anni fa queste oasi di verde, cresciute intorno a minuscoli laghi incantati, erano circondate da piccoli nuclei abitativi il cui sostegno dipendeva quasi esclusivamente dalla presenza dell'acqua. Ma negli ultimi tempi le precarie condizioni di vita e la progressiva riduzione del livello dei laghi, alcuni dei quali ormai in secca anche per via dell'abbassamento della falda freatica, hanno indotto il governo libico ad accelerare il progetto di spostare la popolazione in luoghi più idonei. Cosi i turisti sono diventati ormai i frequentatori più assidui e numerosi di queste straordinarie bellezze naturali, piccole chiazze d'azzurro cadute dal cielo dentro un mare di sabbia dorata. Ricordatevi di portarvi dietro il costume, perché il bagno nell'acqua salata dei laghi, sembra che il tasso di salinità sia più alto di quello del Mar Morto, è un'esperienza davvero sorprendente, immersi in un orizzonte giallo acceso con il profilo delle dune che si staglia in lontananza su un cielo terso. Accanto ai laghi più grandi si trovano alcuni campi, ed altri sono in via costruzione, dove è possibile trovare ospitalità per la notte o anche solo per darsi una sciacquata dopo il bagno. Il primo che visitiamo è il lago Gebraoun, uno dei più grandi che s'incontrano nel Sahara. Il suo nome significa letteralmente la Tomba di Aoun, un antico notabile locale seppellito nei pressi del vecchio villaggio, adagiato in posizione leggermente rialzata sulla sponda occidentale. Probabilmente era anche lui un membro della tribù Dawada, l'etnia maggioritaria della zona. Ormai in stato di totale abbandono, dopo che nel 1991 il governo ha trasferito i suoi abitanti in un nuovo insediamento lungo la statale, il villaggio fantasma incombe sul lago creando un effetto surreale, sembra quasi di trovarsi in un isolato avamposto della legione straniera, come all'interno d'una di quelle tipiche atmosfere da romanzo dell'ottocento. Il tempo di spogliarsi, appena scesi dalle jeep, e siamo subito a mollo, le placide acque del lago ci sostengono come fossimo sospesi in assenza di gravità, un'ebrezza unica. Ai maschietti è consigliato di non farsi la barba al mattino per non incorre nei bruciori provocati dal sale, cosi come in generale è opportuno evitare il contato con gli occhi. Accanto al lago si trova il camping Lac du Repos, qui attingendo acqua da un pozzo è possibile darsi una sciacquata per togliersi un po' di sale di dosso.
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Risaliti sulle jeep ci rechiamo a visitare il lago Mavo, più piccolo del precedente, ma non per questo meno pittoresco. Incastonato tra le dune e circondato da un piccolo palmeto offre un
scorcio panoramico veramente notevole, con l'azzurro del cielo e dell'acqua che sembrano toccarsi, risaltando con l'oro della sabbia in un bel contrasto cromatico. Sulla sponda del
lago incontriamo un mercante tuareg, indossa uno sgargiante caffetano rosso ed espone la sua mercanzia appoggiata su un telo direttamente
sulla sabbia. Particolarmente belli sono alcuni coltelli, in tutto simili a quelli originali utilizzati dai tuareg, rifiniti
in pelle naturale o pelle di serpente; non ho più avuto modo di vederne di tale fattura durante tutto il viaggio. In seguito ci rechiamo a visitare il
lago Umm al-Maa, il cui nome significa letteralmente madre dell'acqua. Rispetto agli altri ha una forma più allungata ed è
circondato da una folta vegetazione, alcuni ragazzi, sulla sponda opposta alla nostra, ci salutano mentre si godono il bagno giocando allegramente con un tronco di palma galleggiante.
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L'ultimo lago che visitiamo è il lago Mandara. Qui ci si può facilmente rendere conto del progressivo ritiro della falda
sotterranea, infatti il lago è soggetto a frequenti periodi di secca, come appunto durante la nostra visita in cui piccole pozze d'acqua stagnavano tra la vegetazione. I resti delle case lungo le sponde appartengono all'antico villaggio, ormai un fantasma,
abbandonato nel 1991 durante l'esodo forzato deciso dal governo. Terminata la visita dei laghi dobbiamo a malincuore salutare l'Erg
Ubari e il suo caldo respiro incantato per far rientro a Sebha, dove un ultimo volo ci riporterà in serata a
Tripoli. Lungo la strada per l'aeroporto ci fermiamo a visitare un resort, il
Fezzan Park, al cui interno è ospitato un piccolo zoo privato con alcuni degli animali che appartengono alla fauna tipica della zona. Volpi e topi del deserto, accanto a piccole antilopi, gazzelle e a quelli che
sembrano essere dei mufloni, con due simpatici e dispettosi struzzi che girano indisturbati, pronti a ghermire tutto quello che gli viene a portata di becco.
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All'aeroporto di Sebha lasciamo le jeep e salutiamo gli autisti che ci hanno accompagnato durante gli ultimi 5 giorni di viaggio. Questa volta il volo interno non subisce intoppi e come previsto, nel tardo pomeriggio, atterriamo a Tripoli. L'ultimo albergo del nostro viaggio in Libia è un moderno hotel frequentato da uomini d'affari locali e stranieri. E' situato nella parte nuova della città accanto ad alcuni edifici di recente costruzione, tra cui spicca un famoso complesso di cinque grattacieli disposti in modo tale che solo guardandoli dal mare, mentre ci si avvicina alla città, si riescono a vedere tutti contemporaneamente. Un segno di distinzione o una bizzarria del progettista, ma comunque il simbolo del nuovo senso di modernità a cui s'ispira il regime, che di Tripoli ha fatto il suo laboratorio. Cosi la vista dalla mia camera, insieme alle luci e ai rumori del traffico sostenuto, richiama alla mente assonanze più occidentali che arabe, distanti mille anni dai silenzi del deserto che fino al giorno prima avevano cullato i nostri sogni.
26 Maggio 2005 Tripoli - Sabratha - Tripoli
Notte. Interno camera. Posso assicuravi che a Tripoli nel mese di maggio non si muore di caldo, figurarsi di notte. Eppure qui in albergo, ma immagino sia così anche negli altri di più recente costruzione, sembra che abbiano una predilezione smisurata per l'aria condizionata; sparata ad una temperatura quasi glaciale e senza possibilità di controllo essendo centralizzata. Chiamare il portiere per lamentarsi ? Più pratico seguire il consiglio di portarsi dietro, per ogni evenienza, un bel rotolo di scotch da pacchi, se non volete passare una mezz'oretta come me a cercare di rammendare al meglio il lavoro iniziato da qualcun'altro, nel tentativo di tappare con la carta igienica le fessure della bocca infernale. Cosi dopo una notte piuttosto agitata, la sveglia, anche se mattiniera, arriva come una liberazione. Lasciamo Tripoli di buon mattino e seguendo la costa ci dirigiamo verso occidente, per visitare l'antica città romana di Sabratha, uno dei siti archeologici più importanti della zona, che seppur meno appariscente di quello Leptis Magna offre comunque scorci molto interessanti, ospitando, tra l'altro, uno dei teatri più belli dell'antichità.
Cenni Storici |
La città, il cui nome sembra derivi dal termine libico-berbero utilizzato per indicare il Mercato del grano, venne fondata nel IV sec. a.C., su un preesistente insediamento locale, da alcuni coloni punici provenienti da Cartagine. I coloni, abili mercanti e navigatori, sfruttarono l'insenatura naturale del sito che offriva un approdo sicuro per le loro navi ed i loro commerci. Il primo nucleo urbano si presentava come una città arroccata dall'aspetto chiuso e tortuoso, situazione che mutò ben presto con l'arrivo dei coloni greci prima e di quelli romani in seguito. Infatti la città nel I sec. d.C., dopo essere stata parzialmente ricostruita per via di un disastroso terremoto che sconvolse la zona, si mostrava già con una pianta urbana più vicina ai connotati tipici dell'architettura romana. E' in questo secolo e nel successivo che Sabratha vive il suo momento di massimo splendore, fino ad arrivare ad essere elevata al rango di colonia. Ed è in questo periodo che vengono costruiti gli edifici pubblici più importanti, come il magnifico teatro, che è ancora possibile ammirare ai nostri giorni. Con il declino politico ed economico di Roma, a partire dal III sec. d.C., inizia l'inesorabile parabola discendente della città, a cui contribuisce in modo determinante anche un nuovo disastroso terremoto verificatosi nel 365 d.C. Dalle rovine nasce una nuova città, più piccola e dimessa, che non sarà più in grado di assumere l'importanza d'un tempo. Con la conquista bizantina del 533 d.C, da parte del generale Belisario, la città viene dotata di un cinta muraria difensiva, che abbracciava però solo una parte dell'antica area urbana romana, lasciando cosi all'abbandono quasi tutta la parte est della città. Con l'avvento dell'Islam nel VII sec. d.C. la città scivola ancora di più nell'oblio fino a scomparire, inghiottita dalla sabbia, appena un secolo più tardi. Scomparsa agli occhi del mondo dovrà attendere la successiva riscoperta dei primi anni del XX sec. grazie all'opera degli archeologi italiani. |
Superato l'ingresso del sito archeologico, sulla sinistra, si trovano due piccoli musei che ospitano reperti del periodo punico e romano, proseguendo un sentiero conduce all'area visitabile raccordandosi direttamente con l'antica via romana del Cardo, l'arteria che attraversava la città da nord a sud. In questa prima parte il Cardo fiancheggiava vecchi quartieri residenziali, a cui fa da sfondo la maestosa ricostruzione d'un antico mausoleo punico, smantellato dai bizantini per farne materiale da costruzione, conosciuto con il nome di Mausoleo di Bes. La costruzione alta quasi 24 mt., con una base triangolare ed una punta terminale a forma di piramide, è abbellita da sculture leonine e dalla raffigurazione dei semidei Bes ed Ercole. Era presumibilmente il monumento funebre che ornava una tomba del II sec. a.C., a cui con la sua mole imponente assicurava sicuramente una qualche protezione spirituale.
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Proseguendo lungo il Cardo si arriva presso la Porta Bizantina del VI sec. d.C. Questo all'epoca era uno dei principali punti d'accesso alla città, dopo che i bizantini costruirono un possente muro di cinta per racchiudere i quartieri che si sviluppavano intorno all'antico foro romano ed porto commerciale. All'interno di quest'area si trovano i più importanti edifici pubblici e religiosi della colonia romana di Sabratha. Poco dopo la porta s'incontra, sulla sinistra, il tempio dedicato ad una divinità non meglio identificata, mentre a destra è collocato il Tempio di Antonino, dedicato all'imperatore divinizzato. Salendo sulla piattaforma più alta si può godere di una bella vista d'insieme sulle rovine. Davanti al tempio è posta una fontana sormontata da una statua di Flavio Tullio, ormai senza più testa, costruita per onorare la memoria del concittadino che a sue spese fece costruire l'acquedotto per approvvigionare d'acqua la città. Di fronte al tempio di Antonino si trova la grande Basilica di Apuleio di Madaura, in realtà l'edificio di forma ellittica venne utilizzato come basilica cristiana solo in epoca bizantina, mentre nel periodo romano era adibito a Palazzo di Giustizia. Il nome con cui ne è stato tramandato il ricordo è quello di un famoso filosofo del I sec. d.C. che qui venne processato con l'accusa di aver sposato, con l'inganno, un'anziana e ricca vedova per carpirgli il patrimonio. La storia non può chiarire la verità del caso, ma grazie all'eloquenza che profuse in sua difesa il filosofo fu completamente scagionato. Con l'arrivo dei bizantini e con l'affermarsi della nuova fede l'interno della basilica venne riadattato al nuovo uso, dividendo lo spazio originale di 50 mt. per 25 in navate abbellite da colonne di marmo cipollino. Appena dietro la basilica si trova il Battistero cruciforme realizzato in pietra calcarea. Sul lato nord della basilica si apre il grande Foro Romano, punto d'incontro giornaliero e crocevia dei commerci, che solo in epoca più tarda verrà dotato di un portico sostenuto da colonne di granito egiziano, alcune visibili ancora oggi. Ad est del foro si trovano due templi, il Tempio di Serapide ed il Tempio di Giove. Il primo era dedicato ad una divinità taumaturgica, conosciuta ed apprezzata nell'antichità per le sue capacità di guarigione ed il cui culto era stato importato dal vicino Egitto. Durante la nostra visita in questo tempio era al lavoro un'equipe di archeologi dell'università di Palermo, a dimostrazione del fatto di come i siti archeologici della Libia abbiano ancora molti misteri da svelare. Il secondo era invece dedicato alla triade capitolina formata da Giove, Giunone e Minerva, culto caratteristico di ogni città romana. A nord del foro era invece collocato il Senato, luogo deputato ai dibattiti che riguardavano il governo della città. L'edificio era caratterizzato da un grande cortile centrale, nel cui perimetro trovavano posto, sistemati su un gradino rialzato, i sedili utilizzati dai senatori durante le riunioni. Di fronte al foro infine, sul lato est, era collocato il Tempio di Liber Pater, una divinità molto venerata nell'Africa romana, seconda soltanto alla famosa triade divina.
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Uscendo dal centro di Sabratha e proseguendo verso nord, in direzione del mare, si possono visitare i resti dei quartieri che circondavano il porto, mentre tornando indietro e continuando verso est è possibile ammirare le Terme sul Mare, costruite in posizione spettacolare con terrazze aperte direttamente sul mare ed abbellite da mosaici finemente intarsiati ancora sul loro sito originale.
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Dalla Terme sul Mare, in direzione sud, tutte le strade si raccordano all'antica via Decumana, l'arteria che attraversava la città da est ad ovest. Seguendola verso ovest si arriva in breve tempo nei pressi del Teatro, l'edificio più sorprendete di tutto il sito archeologico e che da solo ne giustifica la visita. Il Teatro venne iniziato nel 190 a.C. durante il regno di Commodo e terminato solo alcuni decenni più tardi sotto il regno dell'imperatore Settimio Severo, originario dell'altra colonia romana, quella di Leptis Magna. Quello che è certo è che rimase attivo fino al 365 d.C., quando insieme al resto della città fu gravemente danneggiato dal terremoto. Trascorsero molti secoli di oblio prima che nel 1920, grazie all'attenta opera di due archeologi italiani Giacomo Grandi e Giacomo Caputo, si ponesse mano alla sua ricostruzione, permettendo cosi al teatro, che per le sue eccezionali misure era all'epoca il più grande mai costruito in Africa, di tornare almeno in parte al suo antico splendore.
Un auditorium di quasi 95 mt. di diametro con un palcoscenico di 43 mt. di lunghezza per 9 di larghezza, a cui fa da sfondo un triplice ordine di colonne che arriva fino ai 20 mt. di altezza e in cui erano ricavate numerose nicchie destinate ad ospitare statue ed altre sculture. Ogni particolare era abbellito da fregi, ornamenti floreali e bassorilievi che raffiguravano figure mitologie, scene votive, insieme a rappresentazioni di opere teatrali e di danza. Uno spettacolo d'insieme che ancora oggi lascia lo spettatore a bocca aperta, come di certo dovevano esserlo le circa 5000 persone che poteva contenere.
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Terminata la visita di Sabratha rientriamo a Tripoli e prima che chiuda ci rechiamo a visitare il Museo della Jamahiriya, dato che in alcuni giorni della settimana il museo osserva un orario ridotto fino alle 13.00. Si trova su un lato della parte nord-ovest della grande Piazza Verde, uno dei punti d'incontro più frequentati della città. Gli spazi espositivi occupano una parte consistente dell'Assai al-Hamra, il Castello di Tripoli conosciuto anche Castello Rosso, l'antica sede del potere politico in Tripolitania. Costruito con il contributo culturale dell'Unesco illustra tutto l'arco storico della Libia, dal Neolitico fino ai giorni nostri, distribuito in ordine cronologico all'interno di ampie sale divise su quattro piani, raccordati tra loro da una grande scala elicoidale posta al centro della struttura. La maggior parte delle opere, tra cui alcune di notevole pregio artistico, risalgono al periodo greco e romano. Della collezione fanno parte statue, frontoni, mosaici, bassorilievi ed oggetti della vita quotidiana, ma non meno interessanti sono anche gli altri reperti, tra cui le riproduzioni, nella galleria quattro, delle pitture e dei graffiti rupestri del Sahara. Potrete cosi farvi un'idea dei tesori che il deserto custodisce, dato che probabilmente vi sarà difficile riuscire a vederli tutti dal vivo. Non mancate infine di visitare la sezione moderna, dove una sala è dedicata al periodo della resistenza libica all'occupazione Italina, ma dove la maggior parte dello spazio espositivo è dedicato al racconto della vita e delle opere del padre della patria: il mitico colonnello. Ritratto qui in un campionario di tutte le situazioni possibili, insieme alla collezione di oggetti personali e ai regali ricevuti durante le viste di stato. In uno spazio tutto suo, al pianterreno, è collocato il Maggiolino verde Volkswagen che il colonnello utilizzava per gli spostamenti da Sebha, dove si trovava distaccato con il suo reparto militare, a Tripoli. Sulla Piazza Verde si trova anche una delle porte d'accesso alla parte antica della città: la Medina. Cosi, conclusa la visita del museo, ci rechiamo a mangiare in uno dei ristoranti che si trovano al suo interno, pronti al termine per un giro esplorativo della zona. Chi ha avuto la ventura di visitare le splendide Città Imperiali del Marocco potrà in parte rimanere deluso dall'inevitabile confronto, perché la Medina di Tripoli presenta un aspetto più dimesso, lontano dai clamori e dalla frenesia piena di vita delle altre. Anche se questo, secondo me, non la rende di certo meno interessante. Qui l'anima araba presenta un sentire più intimo, più familiare, senza dubbio affabile, ma meno invadente. Nessuno vi avvicinerà cercando di offrirvi un buon affare o un buon prodotto e cosi potrete andarvene in giro a curiosare liberamente in tutta tranquillità, all'interno d'un ambiente che istintivamente permette di sentirsi un po' meno stranieri.
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