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Viaggio in Messico e Guatemala effettuato nel Febbraio/Marzo del 2002. Principali località visitate : Città del Messico ( Plaza de la Constitucion, Palacio Nacional, Cattedrale, Museo Nazionale Antropologico ), Nuestra Señora de Guadalupe, Teotihuacán ( Tempio di Quetzalcóatl, Piramide della Luna, Piramide del Sole ), Oaxaca, Monte Albán, Mitla, Tuxla Gutierrez, Cañón del Sumidero, San Cristóbal de las Casas, San Juan Chamula, Zinacantán, Agua Azul, Palenque ( Tempio dei Teschi, Tempio delle Iscrizioni, Tomba del re Pakal, Palazzo, Osservatorio Astronomico, Tempio della Croce, Tempio del Sole ), Flores, Tikal ( Plaza Mayor, Tempio numero I, Tempio numero II, Mundo Perdido, Tempio numero IV ), Città del Guatemala, Antigua, Lago Atitlan, Santiago de Atitlan, Chichicastenango, Quiriga, Bahia de Amatique, Livingstone, Tula, Tepotzotlan.
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"Messico e nuvole, il tempo passa sull'America, che voglia di piangere ho..." Così cantava Enzo Jannacci in un brano di successo di qualche anno fa, uno dei pochi luoghi comuni su questo splendido paese che non dovrete sfatare. Quella sottile vena di malinconia che pervade l'anima, mentre con lo sguardo ci perdiamo ad inseguire nuvole candide che giocano a rincorrersi in un orizzonte blu cobalto. Perché per il resto... Ma i messicani non sono soliti fare la siesta quando le sottili ombre si dileguano del tutto sotto un sole a picco che toglie il respiro ? In verità, non ne abbiamo incontrato nemmeno uno intento all'opera e sembra un'altra di quelle fantasie che nascono e che continuano a vivere di vita propria, a fronte di una realtà completamente diversa. O per meglio dire deve essere vero quello ci ha raccontato la nostra simpatica guida, la stessa che ha accompagnato in Messico anche la troupe di "Turisti per Caso", e cioè che è una diceria nata agli inizio del XIX secolo, quando gli operai messicani di alcune fabbriche straniere, in segno di protesta contro i bassi salari pagati da alcuni industriali Inglesi, escogitarono una singolare forma di sciopero, invece di lavorare si misero tutti a dormire lungo i muri delle fabbriche. E proseguendo nel lungo elenco, i messicani non portano forse tutti il sombrero ? Si, forse ai tempi di Pancho Villa, perché oggi al pesante ingombro viene di gran lunga preferito il classico modello da cowboy americano. Gli unici rimasti a portare avanti la tradizione sono i Mariachi, i folcloristici gruppi di suonatori ambulanti che rallegrano le piazze con la loro musica tipica. E che dire del classico poncho? Forse che non abbiamo mai visto, passando da un paesino all'altro, un così repentino cambio di costumi locali, quasi che si dessero la voce del nostro imminente passaggio. Sarà almeno vera, e mi fermo qui, l'asserzione che i messicani siano uno dei popoli più cattolici al mondo. Si, forse la popolazione di origine spagnola, ma degli indios, che come ha ben sintetizzato la nostra guida: "si sono convertiti, sotto la minaccia di vedersi tagliare la testa, solo dai denti alle labbra ", non ne sarei così convinto. Soprattutto dopo aver assistito ai loro particolari riti religiosi, perfetto sincretismo tra culto imposto ed antiche credenze pagane. E allora, con una realtà che non finirà di stupirvi, così diversa da come potevate immaginarla, vi servono altri motivi per lasciarvi affascinare da questi luoghi incantati ? Stupendi resti archeologici testimoni di antiche civiltà, come quelle degli Olmechi, dei Toltechi, dei Maya, degli Aztechi. Deliziose cittadine coloniali, disegnate in punta di pennelo con tutta la tavolozza dei toni pastello. Una natura sfolgorante immersa tra giungle verdi e misteriose, canyon e cascate azzurre, con fiori ed animali che fanno a gara tra loro nello sfoggiare tutti i colori dell'arcobaleno. E gente, infine, sempre pronta a regalarti un sorriso, con la saggezza di chi non ha dimenticato che la vita va presa con la giusta calma, magari distesi su un'amaca sotto una coperta di stelle. E allora, allacciate le cinture, si parte.
21 Febbraio 2002 Milano - Francoforte - Città del Messico
Dopo aver volato da mezza Italia, il nostro gruppo si ritrova all'aeroporto di Francoforte, un vero labirinto di corridoi e gate, pronti all'imbarco per Città del Messico. Il ricordo dell'11 Settembre americano è ancora ben vivo nella memoria collettiva e cosi il passaggio ai vari controlli di sicurezza si rivela davvero puntiglioso e accurato, peccato che del servizio a bordo del Boeing Lufthansa - mai mangiato così male in volo - non possa dire lo stesso. Ma come si dice in questi casi, l'importante è arrivare e d'altra è anche ampiamente giustificato dalla crisi che stanno attraversando le compagnie aeree, naturale riflesso della paura di volare che si è diffuso subito dopo gli attentati. La guida che ci accoglie all'aereoporto, un simpaticissimo messicano un po' avanti negli anni, ci racconterà in seguito che siamo uno dei primi gruppi a riaprire la strada al turismo e che da circa 6 mesi, a partire dai tragici eventi, non aveva praticamente più lavorato. Undici ore di volo e sbarchiamo a Mexico City, 2400 mt. di altitudine e 20 milioni di abitanti, "El Monstruo" come lo chiamano qui. La prima impressione non è male, l'aria è fresca e della temuta cappa di smog non sembra di riscontrarne traccia ( ce ne accorgeremo però al secondo atterraggio, quando di ritorno dal Guatemala, sotto un cielo terso, ci apparirà all'improvviso una macchia lattiginosa, come una vaporosa corona posta a capo dell'intera circonferenza del centro abitato ).
22 Febbraio 2002 Città del Messico
Primo giorno di tour e via con la visita ai tradizionali punti di interesse storico culturale di Città del Messico. La vita della città ci scorre accanto, mentre sfrecciamo a passo d'uomo nel traffico intenso, gli occhi incollati ai finestrini lungo strade piene di contraddizioni, ora ricche ed opulente, ora modeste o ancor più dimesse, ma sempre cariche di un continuo andirivieni colorato e indaffarato. E arriviamo cosi, passo dopo passo, fino al cuore della città in Plaza de la Constitucion, meglio conosciuta come lo Zocalo. Sulla piazza, una delle più grandi del mondo, si affacciano in rigoroso stile barocco, eredità della dominazione spagnola, il Palacio Nacional e l'antica Cattedrale, edificata sul luogo dove sorgeva un antico tempio Atzeco - i vincitori non hanno forse sempre cercato di cancellare i simboli della spiritualità dei vinti sostituendoli con i loro ? - . Il Palacio Nacional , eretto dal conquistatore Cortés nel 1524, è oggi la sede della Presidenza della Repubblica. Tutti gli anni, nella ricorrenza dell'indipendenza dalla Spagna, il presidente in carica si affaccia dal balcone nella foto e lancia il famoso grido: "Que viva México !". Proprio sopra il balcone è posta la piccola campana che il 16 settembre 1810 venne utilizzata dal sacerdote Miguel Hidalgo per dare simbolicamente il segnale d'inizio della rivolta, che iniziata come rivalsa, contro l'ingiusto sfruttamento dei grandi proprietari terrieri, terminerà nel 1821 con la piena indipendenza dalla casa madre spagnola. All'interno del palazzo si possono ammirare i bellissimi murales del famoso artista Diego Rivera , che attraverso quest'opera ha illustrato tutta la storia del Messico dalla preistoria fino ai giorni nostri, immortalando così gli eventi e i personaggi più importanti che si sono via via succeduti. Su un lato della grande piazza si trova la Cattedrale, la più grande chiesa cattolica del Messico, iniziata nel 1567 e terminata solo nel 1813. L'edificio sorge su un antico sito Atzeco, esattamente sullo Tzompantli, luogo rituale dove venivano esposti i teschi dei guerrieri nemici uccisi. La facciata della chiesa è in stile barocco Churrigueresco ( stile tardo-barocco dal nome dell'architetto Josè Benito Churriguera), notevole al suo interno è l'Altar de los Reyes ( XVIII sec. ) posto dietro l'altare maggiore e realizzato completamente con foglie d'oro. Poco distante dal Palazzo Nactional si trovano i resti del Templo Mayor, un tempio Atzeco distrutto dai conquistatori spagnoli. Il sito, riportato casualmente alla luce nel 1978, non lascia neppure immagginare, con le sue scarne rovine, le bellezze archeologiche che incontreremo in seguito, ma è comunque un prezioso testimone delle antiche origini della città, che nel suo frenetico sviluppo moderno ha ormai completamente seppellito il suo passato precolombiano. Gli Atzechi, spinti dalle profezie della loro divinità solare e guidati dal famoso sacerdote Tenoch, fondarono l'antica Città del Messico sugli isolotti del lago Texcoco, posto al centro del grande altopiano dove sorge ora la città moderna. La leggenda narra che il luogo fu scelto dopo che venne avvista un'aquila appollaiata su un cactus intenta a divorare un serpente, la visione venne interpretata dal sacerdote Tenoch come il compimento della profezia che li aveva spinti ad emigrare alla ricerca di una nuova patria. Ancora oggi è il simbolo del Messico impresso sulla bandiera nazionale. La nuova città, a cui fu posto il nome di Tenochtitlan in onore del sacerdote Tenoch, prosperò rapidamente fino a divenire, con l'avvento al trono di Moctezuma II, la splendida capitale del regno atzeco che si presentò agli occhi di Cortès l' 8 Novembre del 1519.
Lasciata Plaza della Constituction risaliamo in pullman alla volta del Museo Nazionale Antropologico.
La visita del museo, che nella versione più completa richiede almeno mezza giornata, è una tappa obbligata prima di procedere alla
visita dei siti e dei magnifici resti archeologici che il Messico custodisce. Un'occasione unica per iniziare a familiarizzare con le varie culture che
si sono via via succedute nel paese prima dell'avvento degli spagnoli. Costruito nel 1964
ospita la più importante raccolta al mondo di reperti precolombiani, l'opportuna disposizione cronologica illustra con accuratezza il succedersi e l'intrecciarsi delle varie civiltà. Tra le
sale più importanti figura quella dedicata alla cultura Azteca, dove troneggia
il famoso Calendario Azteco, una pietra circolare, del
diametro di 3,60 mt. e del peso di 24 tonnellate, utilizzata per il computo del tempo. La visita del Museo è stata la prima di una lunga serie di splendide emozioni, peccato solo che la sala Maya non fosse
aperta, chiusa da più di due anni per inderogabili lavori di restauro. Fortuna che avevo avuto modo di visitare la stupenda mostra sui Maya allestita nel 2000 a Palazzo Grassi a Venezia...
23 Febbraio 2002 Città del Messico - Teotihuacán - Oaxaca
Ancora una giornata a Città del Messico, con le valigie al seguito e pronti a partire per la seconda tappa: la città di Oaxaca. La sveglia suona presto e poco dopo siamo in movimento, perchè prima del volo di linea interna il programma odierno prevede la visita del Santuario de Nuestra Señora de Guadalupe, uno tra i più importanti centri di culto cattolico nel continente americano, e la visita del sito archeologico di Teotihuacán, che con le sue famose piramidi è uno dei più spettacolari e meglio conservati di tutto il Messico. Lungo il tragitto ci fermiamo per una breve sosta nella famosa Plaza Garibaldi, tradizionale meta notturna di turisti in cerca di un po' di "autentico folclore". E' il luogo ideale per un assaggio di fiesta messicana, ricco di locali e ritrovi all'aperto allietati dal sottofondo musicale dei Mariachi, i suonatori ambulanti di musica tradizionale vestiti di tutto punto come ai tempi di Pancho Villa, sombrero compreso. Certo che vista di mattina presto, mentre sonnecchia pigramente in attesa di essere ripulita, più che un ritrovo turistico sembra uno dei nostri mercati rionali pieni di rifiuti dopo l'ora di chiusura. Il tempo di risalire sul pulmann e siamo in viaggio verso la periferia nord per raggiungere il Santuario de Nuestra Señora de Guadalupe. La storia narra che il 9 Dicembre 1533, in un bosco nei pressi di Tepeyac, la Vergine Maria apparve ad un indio di nome Juan Diego, a cui chiese di prodigarsi perchè in quel luogo le venisse dedicata una cappella. La presunta apparizione non convinse però le alte gerarchie della Chiesa locale, e cosi la Vergine pensò bene di apparire ancora, imprimendo questa volta la sua immagine sul candido mantello bianco dell'indio. Da quel momento e di fronte all'evidenza, la Chiesa fu costretta a riconoscere l'avvenuto miracolo, dando inizio in questo modo alla venerazione pubblica della Madonna India. Certo è difficile immaginare oggi come siano andate effettivamente le cose, ma quello che si può sottolineare è che se da un lato l'evento contribuì a diffondere la nuova religione tra le popolazioni locali, dall'altro segnò il pieno riconoscimento degli indios nel consesso dei Figli di Dio all'interno della Chiesa, cosa per quel periodo non aveva certo un significato da poco. La prima cappella venne edificata nei pressi del luogo dell'apparizione e solo nel 1709 venne costruito il primo grande Santuario, più vicino alla città. Recentemente, in seguito alle lesioni provocate da forti scosse telluriche, nel 1976 il culto della Vergine e della sua preziosa immagine impressa sul mantello è stato spostato nella nuova Basilica ( di gusto piuttosto discutibile ), eretta sulla spianata del vecchio Santuario. Non si può certo negare che i messicani manifestino la loro devozione con grande partecipazione emotiva, come ad esempio percorrere inginocchiati un tratto più o meno lungo della strada che conduce all'ingresso, come si vede anche nella foto. Ma d'altra parte ne associano altri davvero singolari, come quello in cui il devoto fa esplodere sul sagrato dei mortaretti, che saettando guizzanti verso il cielo rischiano normalmente di ricadere sulla testa di qualcuno. All'interno si può ammirare la preziosa reliquia del mantello dell'indio Jaun Diego, quello sul quale è rimasta impressa l'immagine della Vergine. Il quadro è posto ad una certa altezza e si può ammirare solo da lontano passando su un tapis roulant che scorre davanti, piazzato in modo strategico per evitare soste eccessive che provocherebbero code ed ingorghi. Terminata la visita del santuario riprendiamo la strada verso nord-est, imboccando una delle tante tangenziali che circondano e attraversano El Monstro. Per quasi un'ora la sua immensa periferia continua ad accompagnarci, quasi non volesse lasciarci andare. Il nastro d'asfalto si snoda tortuoso tra ininterrotti quartieri popolari brulicanti di piccole case colorate, abbarbicate l'una sull'altra lungo i declivi di piccole colline a forma di pan di zucchero. L'immagine che trasmettono è comunque quella di un'esistenza dignitosa, ben lontana dalla disperata situazione in cui versano le tante favelas sudamericane. All'improvviso la città finisce e quasi senza accorgercene siamo arrivati. Sotto un cielo appena velato, ma con un'aria davvero frizzantina, entriamo nel sito archeologico di Teotihuacán posto a 2300 mt. di altitudine. Una spettacolare opera d'ingegneria architettonica, che con le sue maestose piramidi lascia ancor oggi ben intravedere l'antica magnificenza . Fondata nel 150 a.C., dalla cultura omonima, divenne in breve tempo, grazie anche alla posizione strategica, un importante centro politico e religioso, cosi come attestano le stupende costruzioni che ci ha tramandato. Appena varcato l'ingresso s'incontra una cittadella fortificata circondata da un alto muro di cinta; aveva lo scopo, ancora prima che di difesa, di separare la vasta area cultuale riservata all'aristocrazia dal resto della città. All'interno dell'area si trovano varie piattaforme, utilizzate anticamente per scopi religiosi, come il Tempio di Quetzalcóatl, una delle divinità più importanti nelle culture mesoamericane, identificata con le sembianze di un serpente piumato e di cui numerose teste scolpite ornano le scalinate del tempio stesso. A sinistra della cittadella ha inizio la Grande Via Sacra, meglio conosciuta con il nome di Avenida de los Muertos. Ai suoi lati si trovano numerose piattaforme cultuali tra cui la grande Piramide del Sole (63 m. per 365 gradini ), mentre al termine la via è chiusa da un'altra piramide di più ridotte dimensioni, la Piramide della Luna ( 46 m. per 112 gradini ).
Inevitabile sobbarcarsi la scalata delle due Piramidi, non particolarmente faticosa se presa con calma. Sulla sommità, oltre che a poter godere d'una stupenda vista d'insieme, è possibile raccogliere attraverso i raggi del Sole i benefici influssi d'una energia primordiale. Almeno così affermano gli esperti ed i seguaci della cultura New Age, che non di rado è possibile vedere aggirarsi nell'area, sfere di cristallo alla mano, come novelli rabdomanti. Ma se anche foste alieni a queste moderne credenze, vi posso assicurare che la sola vista vi ripagherà ampiamente della fatica spesa. Prima di riprendere la via del ritorno, proprio nei pressi del nostro pullman, la lieta sorpresa di poter assistere ad una danza molto particolare, replica moderna di antichi rituali: la danza dei Voladores . Quattro uomini vestiti con un costume tipico, pantaloni rossi con camicia bianca ed un cappello adornato di piume, sono legati per i piedi ad una piccola piattaforma posta sulla cima di un palo. Al ritmo della musica di un flauto, suonato da un quinto personaggio in equilibrio precario sulla sommità della piattaforma stessa, si lasciano scivolare nel vuoto. A mano a mano che si srotola la fune che li sostiene, compiono 12 giri rituali prima di toccare terra . Questa danza, ripetuta oggi anche a favore dei turisti, chiaramente dietro compenso, era in origine una danza sacra della cultura totonaca legata ai riti della fertilità. Recentemente è stata riconosciuta dall'UNESCO quale patrimonio culturale immateriale dell'umanità. Nel tardo pomeriggio c'imbarchiamo su un volo della Mexicana Aerlines diretti a Oaxaca.
note
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